LA PREVENZIONE DEI RISCHI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE: OPPORTUNITÀ O UTOPIA?
SIU - INU - Università della Calabria
26-27 Novembre 2020
In continuità con quanto discusso nella precedente edizione, il Convegno vuole essere occasione di riflessione circa la necessità di superare l’approccio classico – e talvolta riduzionista – della prevenzione dei rischi intesa come “pratica” di gestione dell’emergenza affidata a strumenti settoriali.
Al centro della discussione si porrà l’utilità di comprendere con quali forme e con quali modalità gli strumenti di pianificazione attualmente a disposizione per il governo delle trasformazioni e ai diversi livelli e scale territoriali siano in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile dei territori che, come richiesto dai più recenti documenti strategici, includa la riduzione dei rischi (sia naturali che antropici) tra i propri obiettivi prioritari. I temi di dibattito del Convegno, allora, riguarderanno la capacità di rendere inscindibili gli obiettivi di sostenibilità e prevenzione dei rischi, non solo sul piano teorico ma anche e soprattutto sul piano operativo, nonché la responsabilità e il ruolo dell’urbanistica in tal senso, nella consapevolezza che debba essere capace di governare efficacemente processi/eventi sempre più complessi.
Il punto di partenza saranno le definizioni di “opportunità” e “utopia”, sulle quali costruire due sessioni plenarie, accompagnate poi da workshop di confronto. Le due definizioni si pongono come soluzioni complementari al fine di rendere la prevenzione dei rischi il presupposto fondamentale per uno sviluppo sostenibile. Si porranno, cioè, a confronto gli estremi interpretativi dei due termini facendo riferimento nel primo caso (opportunità) a piani a diverse scale che hanno posto il tema della riduzione dei rischi come obiettivo trasversale alle diverse strategie di tutela, rigenerazione e/o trasformazione del territorio considerato, e nel secondo caso (utopia) a politiche e pratiche ancora da delineare, per favorire una più efficace integrazione dei temi connessi alla previsione dei rischi nelle strategie di governo del territorio.
In particolare, si vuole porre l’attenzione su temi che, proprio in successione ai lavori condotti durante il confronto dell’anno scorso, risulta necessario indagare maggiormente. Di certo resta al centro delle questioni il ruolo della pianificazione spaziale nella definizione dei piani di emergenza. A tal riguardo sono diversi gli spetti da indagare come ad esempio la delineazione delle “aree di emergenza”, integrando gli elementi valutativi necessari alla determinazione delle medesime sia in un’ottica “preventiva” che in termini di sviluppo di eventuali piani di “ricostruzione”. Sarebbe utile, dunque, ragionare maggiormente in termini di prevenzione che di “ricostruzione”, considerando l’emergenza come qualcosa che segue, e non determina, la prevenzione nel processo di pianificazione, interrogandosi sulla effettiva possibilità di fare prevenzione in Italia, anche alla luce della attuale contingenza.
E, ancora, nell’ottica di favorire l’integrazione di tali strumenti di settore con la pianificazione urbanistica ordinaria e non, a varia scala, si potrebbero esplicitare meglio aspetti di integrazione oltre a quelli di carattere prevalentemente “strumentale”, nella consapevolezza che è di fondamentale importanza l’interdisciplinarietà a tutti i livelli di predisposizione di siffatte ricerche. A tal riguardo, ad esempio, si potrebbe auspicare una integrazione “formale” anche mediante l’introduzione di una specifica norma tra la Struttura Urbana Minima (SUM), più ascrivibile alla logica urbanistica, e la Condizione Limite di Emergenza (CLE), figlia dell’approccio della protezione civile.
Altro aspetto di estremo interesse poi, appare quello della vulnerabilità che, seppure considerato come l’elemento che caratterizzata fortemente i sistemi urbani, viene poco indagata a differenza degli altri parametri maggiormente richiamati. Allora ci si potrebbe meglio interrogare su che ruolo assume la vulnerabilità sistemica in generale, nonché quella sociale, come esempio tematico di dettaglio, nella formulazione dei piani di emergenza.
Infine, con riferimento alle aree fragili e più specificatamente “marginali”, che caratterizzano gran parte del territorio nazionale e che oggi ancora più di ieri risultano di estremo interesse in termini di campo di applicazione della disciplina urbanistica, sarebbe opportuno interrogarsi maggiormente sul ruolo che assumono aspetti della prevenzione in questi contesti al fine di veicolare adeguati interventi di recupero non solo fisico, ma anche funzionale, ovvero di rigenerazione socio-economica. In merito a tali contesti appare interessante anche la sfida dei piani di emergenza intercomunali, nonché l’importanza di mettere a confronto tali piani non solo con gli strumenti della pianificazione ordinaria, ma anche con gli strumenti della programmazione comunitaria (si veda ad esempio quanto indicato dalla “Strategia delle aree interne”), anche al fine di meglio veicolare le risorse finanziarie.